Bisogno di leggerezza, di supporto, di produttività, di risultati, di riconoscimento, di appartenenza convergono in una richiesta frequente del manager: qual è il modo per coinvolgere le mie persone?
A questa domanda che ci viene posta spesso, i leader valutano risposte veloci, perché sentono il tema urgente. Ne riconoscono l’impatto e cercano soluzioni.
Il primo pensiero va alla ricerca di qualche cosa che sta fuori, nuove competenze. Perché si crede che serva imparare l’uso delle domande, l’utilizzo efficace delle parole, come ascoltare, come dare feedback efficaci, come scrivere mail e comunicare dati e informazioni. Si cerca la ricetta in un metodo e nella sua applicazione.
La risposta più funzionale, non si trova però a quel livello che in gergo tecnico si chiama livello delle capacità.
Occorre ricordare che non è possibile controllare la risposta di un’altra persona, che è una sua scelta. Si può lavorare invece per rendersi attrattivi.
Per far sì che ci sia un reale coinvolgimento, che è quindi una scelta individuale di mettersi in gioco fino in fondo per un comune obiettivo, serve lavorare su un altro livello.
Immaginiamo per un attimo di scegliere di frequentare un corso di comunicazione. Impariamo la tecnica, il metodo. Studiamo e sappiamo bene la teoria. Iniziamo ad applicarla.
Fino a qui, possiamo dire che stiamo ancora parlando di competenze? Anche una macchina arriva a questo livello, quand’anche non ci supera.
Vi è mai capitato, per esempio, di chattare con un’intelligenza artificiale? Usa parola gentili, ascolta le nostre domande, risponde con cortesia, dà feedback…
Siamo a livello tecnico di competenza. Con l’aggiunta di un po’ di architettura, la possiamo chiamare metodo, struttura, schema.
Che lo faccia Jenny, Turner, Filomena o chicchessia, umano o robot, poco cambia. Il coinvolgimento è di tipo meccanico. Praticamente neutro. Perché non entra in scena la parte emotiva.
Quel tipo di parte che entra in scena solo quando chi si incontra sono due esseri umani, con la loro unicità, la loro intimità e la loro storia.
Il livello della relazione e dell’interazione umana, si giocano quindi su un altro piano, quello emotivo.
È qui che si gioca il coinvolgimento, per il quale servono altri parametri, altri linguaggi, altre intelligenze capaci di toccare nell’intimità e che proprio per questo si trovano in profondità.
Intelligenze emotive che lavorano a livello di identità e non di capacità. Quelle espressioni di sé che definiscono non tanto quello che faccio, ma quello che sono per cui faccio quello che faccio.
Vediamo degli esempi per capire:
- Sei un venditore, perché quello che hai scelto di fare nella vita è vendere e per poterlo fare ti sei formato e hai sviluppato competenze e capacità.
Ora gira la frase e fintanto che la leggi, ascolta dentro di te quello che senti.
- Ti sei formato e hai sviluppato competenze e capacità per vendere, per questo sei un venditore.
Se ti serve rileggi. Senti la differenza?
Ed ora che hai colto la sfumatura, usiamo la frase per “coinvolgere”.
- Sono un leader, perché quello che ho scelto di fare nella vita è guidare e coinvolgere le mie persone e per poterlo fare mi sono formato e ho sviluppato competenze e capacità.
- Mi sono formato e ho sviluppato competenze e capacità per guidare e coinvolgere le mie persone, per questo sono un leader.
Interessante?
Riassumendo, per poter coinvolgere gli altri, occorre prima “essere” coinvolgenti. Così che siano le altre persone a scegliere liberamente di seguirti. Perché lo sentono. Colgono la tua autenticità, lo scopo più intimo per cui fai quello che fai e che ha a che fare con ciò che sei. È proprio questo che ha il potere di attrarre e coinvolgere le persone.
È questo che fa accadere la magia! Non più io so coinvolgere gli altri, ma, gli altri sono attratti dal mio essere leader e scelgono di coinvolgersi con me.