Cosa impedisce alle persone di lasciarsi coinvolgere?

Un imprenditore con cui lavoro si sente in difficoltà perché nei suoi tentativi di coinvolgere le persone non arriva a tutti. Mi dice che si mette in gioco con volontà, competenza e impegno, ma non funziona.

Gli ho fatto una domanda. Che cosa, secondo te, impedisce alle persone di lasciarsi coinvolgere?

Tre sono gli aspetti su cui abbiamo lavorato e di cui non aveva tenuto conto.Tre parole: Autenticità, Vulnerabilità, Fiducia.

La strada intrapresa non è quella più facile. Ed è spesso poco affollata.

È un percorso per cui serve un impegno diverso. Non si tratta di imparare a fare qualche cosa, ma di imparare a essere sé stessi, fino in fondo. Scegliere cioè, di mettersi sotto i riflettori con curiosità e apertura per conoscersi negli aspetti più belli e anche in quelli che lo sono meno. Guardarsi in profondità per scoprirsi e rivelarsi.

È un lavoro di crescita e cambiamento che, grazie allo svelamento di sé, avvicina agli altri.

Stephen Covey, uno dei più grandi autori di management e crescita personale, nel suo libro “Le 7 regole per avere successo”, lo chiarisce molto bene.

Non ci può essere vittoria pubblica, cioè successo con le altre persone, se prima non si è raggiunta la vittoria privata, quella solidità che deriva proprio dalla conoscenza di sé.

Tutti i più grandi esperti e coach sulla leadership sono concordi su questo.

Non ci sono scorciatoie, ma se si decide di lavorarci, il risultato è grande, per sé, per le proprie persone, per l’organizzazione.

Autenticità, Vulnerabilità, Fiducia.

Tre parole che contengono concetti, esperienze, emozioni. Valori che, per questo, guidano le azioni.

Che cosa ti viene in mente quando dico autentico?

Io ho pensato ad una borsa di un brand riconosciuto. Una di quelle che quando la guardo mi affascina e quando la indosso mi fa sentire bene. Perché ne apprezzo l’unicità, lo stile. So, da designer, quanto lavoro di ricerca e progettazione c’è e ne comprendo il valore per me.

Quando ho tra le mani una copia della stessa borsa mi accorgo della differenza. Per quanto bene sia stata copiata non mi affascina allo stesso modo e quando la indosso sento che indosso una copia. Perché, se si assomigliano così tanto?

Perché una è vera, l’altra è una copia. Una è nata unica, l’altra è nata copia. E io lo sento.

Non entro nel merito dell’operazione di marketing o del valore economico. Quello che mi interessa sono il concetto di autentico e come questo valore impatta sull’esperienza di chi ne ha a che fare.

Se lo abbiamo chiaro e lo trasferiamo nell’ambito della Persona, ne capiamo l’importanza.

Quando c’è autenticità, lo sentiamo. Perché percepiamo corrispondenza tra ciò che è e ciò per cui è nato. Si percepisce il fine. Si abbassano le barriere. Si crea vicinanza.

Quando una persona è non autentica, risponde a criteri che non sono i suoi e ci risulta poco credibile. Percepiamo che qualche cosa non collima, sentiamo che è artificiosa, costruita e sentirlo, ci tiene a distanza.

Perché se l’autenticità è così importante è più comune incontrare non autenticità?

Perché per essere veramente autentici occorre riconoscere anche quelle parti, altrettanto vere, che non piacciono e che si preferisce tenere nascoste. Si percepisce il pericolo di mostrarle, quantomeno quando la solidità e la vittoria privata non sono ancora state raggiunte. Ed è qui che entra in gioco la vulnerabilità.

Nella maggior parte dei casi, una persona che copre una posizione di potere si sente minacciata dal mostrare la propria vulnerabilità. Tanti condizionamenti culturali sono presenti in questa convinzione e serve lavorarci se si vuole cambiare paradigma. Lavorarci sfida i leader, ma farlo è molto potente.

Perché la vulnerabilità è un attivatore di cambiamento così potente?

Perché impatta sulla credibilità. E la credibilità impatta sulla fiducia. La fiducia che secondo Stephen M.R. Covey, figlio del già citato Stephen, “è davvero l’unica cosa che cambia tutto”.